Ogni anno, tra fine gennaio e inizio febbraio, la capitale tedesca fa un piccolo scatto, scrollandosi di dosso la tranquillità che la caratterizza. Mentre le altre città vanno di fretta, Berlino da vent’anni si gode il suo ritorno alla normalità con rilassatezza. Qui lo stile di vita non sembra essere quello di una capitale. I cafè sono più numerosi degli uffici e, soprattutto in primavera, i parchi diventano tentazioni quasi irresistibili durante il tragitto casa-lavoro. Non a caso, un sempre maggiore numero di artisti fa rotta su Berlino, influenzandone fatalmente lo stile di vita.
Ma dal il 28 gennaio e il 2 febbraio, quando arriva in città 99ma edizione della 6 Giorni di Ciclismo, i ritmi si fanno di nuovo veloci. Tra le competizioni indoor più importanti del mondo, questa gara si articola su diverse prove svolte nell’arco di sei giorni. I ciclisti più affermati del panorama internazionale si sfidano su varie specialità; la corsa a punti, l’americana, l’eliminazione, il “dietro motori”, lo scratch e il giro cronometrato.
Gli spettatori previsti saranno circa 70000, provenienti da tutto il mondo: la 6 Giorni di Berlino, infatti, al di là del fitto programma di competizioni, ospiterà numerosi eventi per ciclisti dilettanti, famiglie e bambini. Naturalmente, lungo tutta la durata dell’evento, non mancheranno party e concerti.
Va detto che questa gara (in tedesco, Berliner Sechstagerennen) deve parte del suo successo alla location in cui si svolge. Progettato dall’architetto francese Domenique Perrault, il Velodromo di Berlino è una struttura di notevoli dimensioni (142 metri di diametro e 5800 posti a sedere): insieme all’enorme rettangolo della piscina olimpionica, costituisce con i suoi 100 mila mq il polo sportivo più grande della città. Il complesso di edifici, inaugurato nel 1999, fu costruito per accrescere le chance di aggiudicarsi i giochi olimpici del 2000, andati poi a Sidney.
La particolarità del progetto di Perrault, situato nella ex Berlino Est, in Landesberger Allee, sta nell’aver concepito edifici quasi mimetizzati con il contesto, in cui i volumi si inseriscono nel paesaggio circostante con delicatezza. L’intento era quello di ridurre l’impatto, anziché accentuarne le differenze. Camminando nel parco circostante, costituito da un frutteto di 450 alberi di melo, se ne scorgono i profili superiori, che nella loro eleganza di figure astratte ricalcano la forma della zolla in cui affondano.
Insomma, uno di quegli eventi che, ambientati in un degno palcoscenico, possono far scattare anche la città più cool d’Europa.
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