Roma – La prima domanda è d’obbligo: “Quale ricordo ha di Massimo Troisi ne Il Postino?”. A quel punto, il Maestro Luis Bacalov risponde: “Era già morto quando cominciai a lavorare sul film. Ho lavorato col regista Michael Radford. Ricordo che si respirava un’aria triste e forse in parte alcune delle musiche che ho scritto sono state influenzate da quel clima”.
Era il 1995 e per quelle musiche, il maestro argentino vinse l’Oscar come miglior colonna sonora. Lui però non parla di quel momento, piuttosto se la ride pensando all’Academy, ovvero quella che lui definisce “una forma narcisistica della promozione di un successo già ottenuto. Un’amplificazione… salvo alcune eccezioni ovviamente”. E rincara la dose di humour tagliente, ricordando quella volta in cui venne nominato per le musiche de “Il Vangelo secondo Matteo” di Pasolini: “si trattò di un paradosso! A quell’epoca esisteva un premio al migliore trattamento, ovvero una statuetta a colui che era stato capace di utilizzare altre musiche… e in quel caso un doppio paradosso, perché avrebbero dovuto darlo a Pasolini. Era stato lui a sceglierle”.
Classe 1933, il Maestro Argentino si dedica al cinema da oltre 40 anni. Sono più di 150 i film che ha musicato: “Provo amore per il cinema, ma non mi definirei un cinefilo sfegatato. Ho amato moltissimo certa cinematografia e ne ho detestato un’altra. Ultimamente vado molto poco. Quello col cinema è stato un rapporto innanzitutto professionale, non è nato per amore”. “Vengo da Buenos Aires – continua il Maestro – che è quasi un pezzo d’Europa in America Latina. La mia educazione è stata fondamentalmente di tipo europeo. Ogni tanto, però, mi capita di scrivere delle musiche dove per una ragione o per l’altra, la presenza di suoni latino americani è importante: sia il tango di Buenos Aires che le musiche etniche delle province argentine”.
Sono stati tanti i grandi registi con cui ha lavorato: da Pier Paolo Pasolini a Federico Fellini, da Emidio Greco a Francesco Rosi, qual è dunque il segreto di un rapporto tra compositore e regista? “Esigo che il regista si prenda le sue responsabilità. Le scelte musicali sono comuni. Per questo ci vuole il dialogo in termini di approccio narrativo, emotivo, spettacolare. Se si sbaglia, lo si fa in due. Ho lavorato in generale con dei registi intelligenti, mi ritengo fortunato. Salvo alcuni western o polizieschi di serie C. Però una cosa è certa: non voglio più lavorare per il cinema commerciale”.
Oggi Bacalov insegna ai giovani. Quando lo incontriamo ha appena terminato un workshop presso Cinecittà Campus. A proposito dell’insegnamento, ci confessa: “È una gran fatica insegnare. Non sono uno portato all’insegnamento. Lo faccio perché lo considero un dovere, cioè quello di trasmettere ai giovani alcune delle cose che ho imparato facendo questo mestiere. Lasciare loro una traccia della mia esperienza. Lo trovo molto faticoso. Però credo sia giusto farlo”.