E ancora, i figli allevati con la consapevolezza di essere marginali sono “più felici, indipendenti, sani e longevi dei cocchi di mamma, iper-protetti e viziati”. Sono queste alcune delle affermazioni shock di Ayelet Waldman che hanno diviso l’America tra chi la vorrebbe sul rogo, o quanto meno in carcere e privata della custodia dei suoi figli, e chi invece la osanna come la prima donna ad aver avuto il coraggio di mettere nero su bianco opinioni comuni ma assolutamente taciute.
Chi è Ayelet Waldman? E’ un avvocato, moglie del celebre romanziere americano Michael Chabon (di recente vincitore del prestigioso premio Pulitzer), e adesso anche autrice del bestseller “Bad Mother”. Dall’uscita del suo libro è stata al centro di ferocissime polemiche, denunce e addirittura minacce di morte da parte di un esercito di madri che la accusano di essere una sorta di Medea dei nostri tempi, cieca d’amore al punto da mettere in secondo piano (Medea per la verità si spinse ben oltre) i figli.
A chi le rimprovera le sue idee “criminali”, la Waldman risponde serena, sostenendo di non aver fatto altro che sottolineare come l’ideale di mamma perfetta, piena di spirito di abnegazione nei confronti dei suoi figli, che costituiscono l’unico centro della sua vita, sia praticamente irraggiungibile. “Per essere definiti modello – dichiara in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera – ai padri basta presentarsi alla partita o al compleanno del figlio”. Niente di paragonabile al compito sovrumano che ci si attende da una madre, soprattutto se ha anche un lavoro. Per cui, prosegue la Waldman, meglio prendere le distanze da questi modelli irraggiungibili di madri che nella realtà non esistono e ammettere debolezze e imperfezioni senza essere schiacciate da insostenibili sensi di colpa.
Tra l’altro, e questo forse è stato il passaggio che ha più scandalizzato, lo slittamento del ruolo della donna da amante a madre, se vissuto in termini di totale ed esclusiva concentrazione sui figli a discapito della relazione di coppia, anche sessuale, è secondo la scrittrice il passo decisivo verso la fine della relazione stessa. La Waldman adora il suo bel marito, e vuole bene ai suoi figli, ma non ci sta a esaurire la sua vita nel ruolo di madre.
Sulle madri italiane ammette, rivangando un po’ uno stereotipo diffuso, di non riuscire ad immaginarne una “che ami qualcuno, Dio compreso, più del figlio”. In effetti c’è da chiedersi cosa un libro del genere potrebbe scatenare in un Paese come il nostro, in cui il ruolo della donna ancora è pesantemente sospeso tra un immaginario tradizionale e le sfide sempre più impellenti poste dalla società contemporanea.