Disciplina che piega il corpo ma rafforza la mente. Contorcere gli arti per potersi educare e soprattutto per poter sopravvivere. Ispirate dall’iconografia buddista, dalle statue di serafici bonzi e dai mandala di sensuali divinità. Flettere il corpo in maniera impensabile con mistici equilibrismi oltre i limiti dell’umano. Superare queste limitazioni innalza l’individuo e gli fornisce potere. Così Azbileg Enkhbor e Bayarmaa Ganbat hanno studiato sin da piccole la dura arte del corpo alla scuola del Circo Nazionale di Ulan Bator – capitale della Mongolia. Ora, a sedici anni, girano il mondo con un gruppo composto da una danzatrice, una cantante e quattro musiciste del Mongolian State Morin Khuur Ensemble, la prestigiosa orchestra nazionale mongola. Si fanno chiamare le Hulan ed hanno iniziato la loro prima avventura on the road europea proprio da Ferrara.
La loro esperienza è unica al mondo perché il loro gruppo è formato esclusivamente da donne e fonde insieme più discipline. Quando si esibiscono vestono suntuosi abiti tradizionali che rendono l’esperienza di assistere ad un loro spettacolo una vicenda visionaria e coinvolgente. Un viaggio all’interno della cultura mongola, nomade e fiera. Uno spirito che si riflette anche nell’insegnamento impartito a chi ha la fortuna di frequentare una scuola d’arte. Così le contorsioniste e le musiciste iniziano la scuola in tenera età (4-5 anni) ed seguono un sistema di scolarizzazione molto intenso e vario, che le porta a studiare tutte le arti. Inoltre, dopo il disfacimento dell’Unione Sovietica, essere artiste professioniste in Mongolia vuol dire avere molte possibilità, tra cui l’opportunità di emergere socialmente. Se poi questo le porta ad esibirsi anche al di fuori dei confini nazionali, in questo caso allora il Buddha deve aver benedetto la famiglia di appartenenza dell’artista, visto che uno stipendio mongolo può arrivare anche a 50 euro.
Bisogna anche sfatare il mito che le scuole di contorsionismo e circensi siano delle palestre di crudeltà , tipo Tana della Tigri (dalla famosa serie di cartoni L’uomo Tigre). Quella che si insegna nell’antico monastero che ospita la scuola è poesia in movimento, quello che dovrebbe essere anche la danza occidentale, troppo spesso ormai svilita ed abbrutita dal dimenarsi delle ballerine televisive.
La parte strumentale delle Hulan è composta da un morin khuur (una sorta di violino mongolo a due corde) e da tre yatag (arpe mongole dal suono incantevole). L’intero ensemble offre una performance suggestiva e accattivante, che sa alternare la dolcezza dei brani per 3 arpe, ai più evocativi brani per morin khuur e urtin duu (canzone lunga), il tutto arricchito dalle delicate e aggraziate danze tradizionali, o dai numeri mozzafiato per una o due contorsioniste.
Non una semplice sequenza di numeri e di brani, piuttosto un viaggio attraverso la spiritualità della Mongolia, immensa landa dove la natura ed i rituali ancestrali dettano lo scandire del vissuto quotidiano. Brani, canzoni e danze tradizionali, accanto ad altri composti appositamente dal Maestro N. Jantsannorov per questo organico strumentale molto originale e per accompagnare i numeri delle contorsioniste che si richiamano alle opere del venerato monaco – artista Zanabazar. Le strumentiste delle Hulan hanno anche collaborato in Italia con musicisti del calibro di Franco Battiato, Mauro Pagani, Teresa De Sio e Cristiano De Andrè nel progetto “L’azzurro cielo degli incontri”, che sta per riprendere nella prossima estate.
Le Hulan torneranno al completo in Italia alla fine di maggio ed il 5 giugno parteciperanno all’inaugurazione della mostra del pittore mongolo Nyamaa Ganbat alla Casa dei Carraresi di Treviso per poi proseguire in un tour che durerà per tutto il mese di Agosto. Per maggiori informazioni www.nomadadventure.it