Sarà per la svolta epocale imposta dall’amministrazione Obama che il tempio della settima arte sembra impegnato in una sorta di rilettura critica dei capitoli più loschi del passato politico americano. Come se, per realizzare l’auspicato futuro di pulizia e trasparenza, il Paese dovesse prima liberarsi dalla polvere celata sotto ai tappeti della White House. E mentre il nuovo presidente sostituisce gli infissi barocchi con doppi vetri che risparmiano sul riscaldamento e la first lady trasforma il giardino in orto biologico, i registi spalancano gli armadi e si sbarazzano degli scheletri accumulati da George W. e Richard Nixon.
Dal ‘ripulisti’ primaverile spuntano così due pellicole a tema politico che ripercorrono gli anni bui dei due presidenti più controversi della storia degli States. Comun denominatore di “W” e “Frost/Nixon” è la presenza dell’attore inglese Toby Jones, nato con il teatro all’Ecole Internationale de Théâtre di Parigi, molto apprezzato al fianco di Kenneth Branagh e sulle tavole di Broadway, ma da sempre innamorato di un cinema che lo ricambia con ruoli di supporto in film prestigiosi come “Giovanna D’Arco” di Luc Besson (1999). Almeno fino al 2006, quando emerge dal magma hollwyoodiano grazie al ruolo di Truman Capote nella pellicola “Infamous – Una pessima reputazione” (Douglas McGrath).
Ed ecco che Jones si ritrova simultaneamente corteggiato dai premi Oscar Oliver Stone e Ron Howard, che ne apprezzano le doti camaleontiche elargite durante la lunga gavetta. Ma se nei panni del genio letterario (per cui inventava una vezzosa ma non stereotipata gestualità gay) l’impegno era volto a condannare la pena capitale, nelle parti di Karl Rove (consigliere di George W.) e Swifty Lazar (talent scout che organizzò l’intervista in cui l’anchorman David Frost fa confessare a Nixon ogni malefatta) l’attore si misura col tema del potere. Due ruoli molto diversi tra loro (il primo è vivente, il secondo morto nel ’93, l’uno è negativo, l’altro positivo) che s’inseriscono come rotelle fondamentali nello stesso lucido e perfetto ingranaggio.
Il repubblicano Rove, uomo grigio, sinistro, dimessosi nel 2007 dal gabinetto Bush per ragioni scandalistiche, è interpretato da Jones secondo una chiave introspettiva ed inquietante, che sottolinea le sfumature simbiotiche nel rapporto con il presidente. Mentre per l’eccentrico e stacanovista agente di star, di cui non esiste ombra di video, l’attore è dovuto ricorrere ad una costruzione filologica, frutto di ore d’ascolto delle bobine autobiografiche di Lazar e di numerose fotografie. Un lavoro ben fatto, che soddisfa appieno le aspettative del maestro Howard e fa desiderare al pubblico di vederlo presto nel prossimo ruolo, stavolta d’ambiente ‘scientifico’, ritagliato per lui da Jon Amiel accanto a Charles Darwin/ Paul Bettany nel tanto atteso “Creation” in uscita nel 2009.