L’immagine stereotipata della nostra cultura mainstream vorrebbe le donne islamiche come schiave sottomesse ai voleri dell’uomo, eterno sovrano dell’harem. Ma chiunque abbia una seppur vaga sensibilità antropologica sa che ciò non corrisponde esattamente alla realtà. In ogni cultura l’universo femminile struttura, crea e dispone dei suoi dispositivi d’azione peculiari. Così per sopperire al turbamento generato dai crucci che squassano il cuore e spossano il fisico, ad Algeri come a Cesarea, le donne algerine sono solite riunirsi per praticare la boqala, un rito di divinazione e di poesia. Le sedute si svolgono di notte e sono rigorosamente riservate alle partecipanti femminili.
Dopo aver sorseggiato the alla menta o caffè, la padrona di casa porta un boccale (la boqala) riempito con l’acqua di sette sorgenti o di sette fontane. Torna anche in questo rito la valenza magica del numero sette. Ogni donna vi deposita dentro un gioiello, sia esso un anello, una spilla, un bracciale, una collana o un orecchino. A questo punto la più anziana del gruppo, colei che sa molto perché molto ha vissuto e quindi molto ha visto, colei che attraverso la sua sapienza può veicolare le forze magiche nella conoscenza, prende il boccale e lo fa girare sette volte attorno ad un braciere, dove brucia dell’incenso, recitando formule d’incantamento. Quindi chiede ad ogni donna presente di pensare ad una persona amata o ad una situazione che la preoccupa. La più anziana recita una boqala (che oltre ad essere il nome della brocca, designa anche questo tipo di poesie), una breve poesia di quattro o cinque versi. Il versetto le può venire dalla memoria secolare degli avi o anche dalla semplice improvvisazione del momento.
Dopo si pesca un gioiello dal boccale. La proprietaria, insieme a tutto il gruppo, deve trovare nei versi quegli elementi che possono essere illuminanti per la sua vita, i suoi amori, o che possono annunciarle un evento particolare. La poesia è stata recitata per predire alla donna il suo avvenire. E siccome è una poesia spesso vaga e immaginifica, ciò rende possibile una molteplicità di futuri. Ancora vitale come rito, la boqala allo stesso modo presenta mille variazioni, probabilmente perchè anonima e orale, è una poesia essenzialmente urbana e femminile.
Mohamed Kacimi-El Hassani, scrittore algerino, ci dona una raccolta di questi versetti in un testo che è un piccolo gioiello editoriale, sia per il testo arabo a fronte, sia per le preziose illustrazioni di Rachid Koraïchi, artista algerino di fama internazionale. Dell’autore sono stati tradotti in italiano “Terra Santa” e “Quando Nina Simone ha smesso di cantare”. Due affascinanti romanzi in cui viene descritto uno spaccato della cultura islamica attraverso le vite di alcune donne, uno sguardo dalle forti tinte laiche, socialiste, critiche e poetiche. Attraverso i suoi scritti Mohamed Kacimi sfida gli stereotipi che la cultura occidentale tenta di attribuire alla cultura islamica, mostrando le storie di chi ispirato da quella stessa cultura, la critica per migliorarla.
Simbolo di speranza, libertà ed emancipazione femminile, la boqala sfida il solito clichè che vorrebbe un islam cupo e chiuso in una volontà jihadista, per mostrare visioni libere ed inestimabili come i gioielli contenuti nell’anfora. Visioni di libertà immaginate attraverso la poesia per raggiungere una realtà immaginata e reale, spesso migliore.
Mohamed KACIMI, “Boqala. Canti delle donne d’Algeri”, Donzelli editore, pag. 112, 27,00 €