Invece Kitty, Daisy
& Lewis sono un terzetto di adolescenti, tra i 15 e i 20 anni, che
sembra stato scaraventato fuori da una pellicola come “Ritorno al futuro”, “I
ragazzi degli anni’50” o “Cry Baby”, pantaloni a vita alta, scarpe di vernice,
gonne a pieghe e banane che avrebbero fatto sorridere di tenerezza il Re. Il
terzetto ha appena dato alle stampe il suo primo album “A to Z. The roots of rock’n’roll”.
Una raccolta di cover rigorosamente rock’n’roll, jump blues, swing e country (se
si eccettua l’originale Buggin’Blues scritto da Lewis) che
ti entra nelle ossa e ti costringe a scuoterle, quasi fossi posseduto da un
malefico rituale voodoo.
Ma torniamo alle influenze familiari, per capire questo
interessante gruppo di esordienti. La famiglia dicevamo c’entra eccome: Graeme
Durham, il padre, è un chitarrista blues e proprietario di un piccolo
studio di registrazione a Kentish Town (Londra) e Ingrid Weiss, la
madre, è l’ex batterista delle Raincoats (gruppo/era post punk tutto al
femminile). Entrambi accompagnano i figli in tour, fornendo una sezione
chitarra/basso solida come l’esperienza che hanno messo da parte durante le
loro carriere. Tanto che unendo quella di papà Durham con la passione del
secondo genito Lewis, la piccola industria sonora a conduzione familiare ha
registrato l’intero disco… rigorosamente con una strumentazione tutta vintage
ed analogica.
In questo primo lavoro, come accennato prima, potrete
trovare una raccolta di ottime cover che spaziano dagli anni quaranta ai
sessanta con ottimo gusto, sintomo di passione vera e non di semplice moda adolescenziale
e passeggera. Tra queste le
ottime I Got My Mojo Working di Muddy Waters, e Polly
Put the Kettle On di Sonny Boy Wiliamson.
In un periodo che vuole tutti veloci e produttivi, le
canzoni di Kitty, Daisy & Lewis
fanno venir voglia di abbandonare tutto, frugare nei bauli dei vestiti dei
nonni e mettersi a sculettare in maniera selvaggia.