Ha tanti nemici, Rosaria Capacchione, colpa di un mestiere difficile, quello di giornalista impegnata nella lotta alla criminalità organizzata. Al clan dei Casalesi, non ai grandi nomi che, dai tribunali, risuonano per settimane sulle pagine dei quotidiani internazionali. Una Camorra silenziosa, che si nasconde tra le pieghe di uno Stato malato.
Scrive da 30 anni, dalla redazione del “Mattino” di Caserta, zona in cui l’odore degli affari si confonde con quello acre della spazzatura che, dal nord, si accumula a montagne dove i riflettori non arrivano. Per questo, fino all’esplosione del fenomeno “Gomorra” (Mondadori, 2006), la sua figura era rimasta nell’ombra, nonostante il pericolo annunciato per anni dalle intimidazioni dei suoi indagati.
Sì perché Rosaria sa tutto quel che un giornalista serio, di quelli che rispondono ai “perché”, deve far sapere. Dall’85 è sulle tracce dei boss latitanti Francesco Bidognetti e Antonio Iovine, e poi su quelle di Francesco Sandokan Schiavone, a cui nel ‘91 fece confiscare beni e terreni. In quel periodo fu stabilita la sua condanna a morte. Cominciarono le poste all’uscita del giornale, i pedinamenti e, nonostante la mancanza di scorta, la protezione dei carabinieri che la “incrociavano” per caso.
La sua sentenza è ancora in corso, scritta sul libro nero dei Casalesi, ed è stata letta in tribunale al processo Spartacus del 13 marzo scorso. L’ennesimo avvertimento, sotto forma di lettera da parte dei boss Iovine e Bidognetti per mezzo del loro portavoce e avvocato che accusava lei, il magistrato Raffaele Cantone e Roberto Saviano, di influenzare erroneamente le decisioni della corte.
Proprio grazie all’autore di “Gomorra” Rosaria oggi ottiene la scorta, pur sapendo che non importa quanti uomini lo Stato decida di metterle alle calcagna, se i “cattivi” vogliono colpirla lo faranno. Tutto al più, quegli agenti serviranno a rendere più difficile la sua “esecuzione”, mentre lei prende tempo cercando di scoprire più verità possibile.
È questa la garanzia, l’unica capace di farla sentire viva, nonostante il fatto che una vita privata non ce l’ha più. Proprio come per Saviano, che è già sul piede di partenza, non c’è più cinema, teatro o cena fuori con gli amici, in cui non sia accompagnata dagli agenti, a ricordarle di essere costantemente “sotto tiro”. E intanto aspetta le vacanze, le sole in grado di restituirle un’illusione di normalità, e sogna di trasferisti a Parigi o su una spiaggia portoghese dove immergersi nella lettura, sua grande passione.
Oggi, dopo aver ampiamente contribuito alla stesura di “Gomorra”, ormai best-seller, e aver vinto il Premio Napoli (eccezionalmente assegnato a una giornalista invece che a uno scrittore) si prepara all’uscita del suo primo libro in pubblicazione per novembre dalla Rizzoli. Seguendo le vicende delinquenziali di Aldo Bazzini, primo imprenditore del nord condannato per associazione camorristica, “L’oro della camorra” descrive il contagio della criminalità organizzata sull’economia dello stivale e sulla società civile.