Mentre molti paesi vogliono abbandonare il protocollo di Kyoto (quello sulla regolamentazione e controllo delle emissioni gas serra), l’architettura sembra invece prendere una piega profondamente diversa. L’ultimo grido in progettazione di edifici è la fusione tra ambiente naturale e palazzo cittadino. Così i terrazzi diventano delle aiuole ed i tetti dei giardini, per non parlare delle opere più avveniristiche, nelle quali l’edificio è parte integrante del paesaggio. Pensate un condominio che sia una collina, altro che Hobbit (i piccoli uomini protagonisti de “Il signore degli anelli” che vivono in case scavate nelle colline).
Questa particolare branca dell’architettura si chiama “bioedilizia”, secondo i suoi sostenitori gli edifici sono organismi vivi, che interagiscono con l’ambiente e con i suoi abitanti, che rappresentano l’unità del tessuto urbano e sono il contenitore per la maggior parte della nostra vita. Per questo un’attenzione particolare riservata ad i materiali usati ed alla progettazione degli edifici (riappropriandosi anche delle tecniche tradizionali) può solo che far bene all’ambiente e quindi a noi come parte integrante dell’ecosistema.
Questa pratica edilizia trova la sua radice nelle lontane lande scandinave dove i “tetti di terra” sono utilizzati da centinaia di anni. Il moderno “trend” è iniziato con la diffusione dei primi “green roof” in Germania ed in Austria durante gli anni ’60. Da quel momento questo tipo di copertura si è diffusa a molte altre nazioni, ma la Germania rimane tra i principali estimatori con circa il 10% del totale dei tetti tedeschi convertito al verde.
Tra i padri fondatori di quella che sembra essere una vera e propria filosofia troviamo Friedensreich Hundertwasser (Vienna, 15 dicembre 1928 – 19 febbraio 2000) pittore, scultore, architetto, ecologista austriaco. Personalità controversa, ha anticipato alcuni concetti di bioarchitettura e si è definito medico dell’architettura nel suo manifesto del 24 gennaio 1990. A lui dobbiamo molti edifici che con le loro strane silhouette ed i loro alberi abbelliscono i paesaggi urbani di città tedesche, svizzere, austriache e persino giapponesi.
La bioedilizia sta prendendo piede anche negli Stati Uniti, anche se ancora non è così diffusa come in Europa. Negli USA il più famoso propugnatore della edilizia sostenibile è William Andrews McDonough, architetto fondatore del William McDonough & Partners, i cui progetti si concentrano principalmente sul progettare edifici ecologicamente sostenibili e convertire palazzi già esistenti. A lui si deve l’ideazione e la costruzione della Fabbrica della Ford “River Rouge” a Dearborn nel Michigan, il più grande tetto verde del mondo con i suoi 42.000 metri quadrati.
I vantaggi di questo tipo di copertura sono molteplici. Innanzi tutto si riducono le acque di scarico dei tetti e delle grondaie, prevenendo allagamenti causati da acquazzoni e nubifragi. Questo tipo di copertura inoltre contrasta il surriscaldamento delle aree urbane e l’inquinamento da polveri sottili ed anidride carbonica, come fa qualsiasi zona verde delle città. Per di più aiuta anche a mantenere la temperatura del palazzo, garantendo calore d’inverno e frescura d’estate. Come se non bastasse protegge l’edificio dalle intemperie e dai danni meccanici, favorendo anche l’isolamento acustico. In Italia questo tipo di interventi e costruzioni e regolamentato dalla direttiva UNI 11235.
Largo quindi al verde pensile.
Nella foto: La scuola d’arte, design e media Nanyang Technological University di Singapore, progettata dalla CPG Consultants Pte. Ltd., perfetto esempio di integrazione tra architettura e natura.