Un’altra edizione della mostra all’aperto più grande del mondo è pronta a dimostrare che l’Australia non è soltanto sport ma anche arte. E lo fa proprio nel tratto di costa più rappresentativo della cultura del surf, i due chilometri che da Bondi Beach si snodano rocciosi fino alla spiaggia di Tamarama. Interlocutore privilegiato delle oltre 100 opere esposte, naturalmente, il mare. L’oceano mutevole, in costante dialogo con le 107 sculture che, quest’anno, hanno anticipato di 2 settimane la propria esposizione per non accavallarsi con il passaggio delle balene.
Ed ecco il primo messaggio dell’evento che come sempre dedica largo spazio alle tematiche ambientali, in un paese dove il rispetto per la Natura è quasi “religione”. Ne parlano le superfici mai lavorate d’opere erose dal tempo, in cui l’artista si pone come mero testimone, un medium tra forze superiori. Ma anche, all’opposto, le sculture realizzate in materiali industriali. Poste in relazione di causa-effetto con gli agenti atmosferici, dimostrano la possibilità di uno sfruttamento armonico della natura da parte dell’uomo.
È il caso di “Harmony with te breeze”, del giapponese Kozo Nishino. Due ali metalliche perfettamente bilanciate e mosse dal vento che si aggiudicano il premio per la “migliore opera che sfrutta l’energia cinetica”. Particolarmente rappresentativa, anche quella di Benjamin Gilbert, ex attivista di Green Peace, che del Giappone vuol colpire “i cattivi”. La sua megattera d’acciaio lancia grida silenziose e inossidabili che ricordano quelle delle balene annualmente massacrate dalle flotte nipponiche.
La 12/a edizione di “Sculpure by the sea” (17 ottobre – 2 novembre), fondata nel 1997 da David Handley, si avvale anche del contributo d’ospiti ormai abituali. Tra i veterani dell’evento, gli australiani Vince Vozzo, Geoff Harvey e il giapponese Keizo Ushio (alla loro 10/a edizione), creatore di un colosso di pietra (foto) da 6 tonnellate. L’uomo di granito, già stimato intorno ai 125mila dollari, siede sulla rena, senza nient’altro indosso che la maschera anti-gas. Mentre lo statunitense Fletcher Berton ripropone un opera, “One on Two, Ball and Ring”, dalla famosa serie del ’97 “Blocks on Blocks”.
E mentre il principe Federico di Danimarca e sua moglie, l’australiana principessa Mary, promettono di creare una versione regale della mostra open air (dal prossimo anno sulle coste di Aarhus) un’inusuale assenza stupisce la platea internazionale. A far compagnia ai 97 australiani, tra i 18 artisti stranieri (provenienti da Giappone, Usa, Nuova Caledonia, Islanda, Olanda, Danimarca ed Inghilterra) non compare quest’anno nemmeno un italiano. Che sia una punizione per la condotta nostrana poco rispettosa verso la Natura e per nulla all’avanguardia in fatto d’energie rinnovabili eco-friendly? O forse la dichiarazione d’indipendenza dal made in Italy che, come in moda e cucina, fungeva ancora da garanzia di qualità?
Certo si è che Sydney vanta oggi un illustre calendario di cui “Sculpture by the sea” è solo la punta di diamante. E le 500mila anime, che annualmente si affollano sui merletti rocciosi del Costal Walk, non possono che confermarne l’avvenuta emancipazione culturale.