Come risorge un genere musicale ritenuto morto in una veste splendente e in chiave contemporanea? Facile, se a riesumarlo è la passione travolgente della voce più amata di Spagna e se la musica è la più rappresentativa della tradizione popolare del paese. Si tratta di Nina Buika e della copla, un connubio perfetto che risale ai tempi in cui la futura cantante ascoltava sua madre guineiana intonare gli antichi versi ascoltati nel quartiere. Quel Barrio Chino di Palma di Majorca dove, nata nel 1972, cresce senza regole, educata dalla strada, da prostitute, gitani, drogati e, a 9 anni, è abbandonata dal padre, un attivista politico di cui perde le tracce.
A questa infanzia terribile, ma “divertente”, deve la sua saggezza popolare, la filosofia di vita indipendente e soprattutto la capacità di abitare ovunque e di trasformare la sofferenza in arte, salvandosi l’anima. Da tutto questo nasce il suo terzo album, “Nina de fuego” (Warner Bros 2008), fortemente autobiografico e quindi travolgente, impulsivo, irriverente. Lo è nei testi, in cui parla d’amore, della “dittatura dell’amore”, in cui le donne giocano il doppio ruolo di vittime e carnefici. Schiave delle regole imposte dall’oggetto della passione e, al contempo, detentrici del potere della maternità, che le pone su un piano divino. La scelta emozionale, solo un’illusione, per la capacità naturale che hanno di cadere preda dell’amore.
È ciò che accade a lei quando, già sposata al padre di suo figlio, s’innamora perdutamente di una donna, la porta a casa e convince la propria famiglia ad accettarla come parte di sé. Si tratta di Africa, leader del gruppo Mojo Project, con cui si unirà, insieme al proprio marito, in un matrimonio a tre vissuto intensamente fino alla fine.
Oggi, entrambi i partner hanno preso strade diverse, compagni diversi, ma non per questo le sono meno cari. Nina è troppo libera, troppo fedele alla sua filosofia perché banali dinamiche ‘umane’ le strappino l’amore dal cuore. E quando le scelte degli altri le provocano sofferenza, si rifugia nella musica copla. Mischiata al rap che rievoca la sua pelle nera, al flamenco della sua Spagna e al battito sanguigno del tango, filtra la propria esperienza depurandola da odio e rancore, facce malsane di un amore che resta incontenibile.