Società sempre più dinamiche, alle prese con inflazione e rincaro dei prezzi, tempo frazionato che relega l’informazione ai ritagli di tempo di lettori sempre più distratti. E così quotidiani, rotocalchi, cronache sportive e fanzine riducono la tiratura, vittime di un fenomeno irrefrenabile, quello dell’editoria on line che surclassa irrecuperabilmente quella della carta stampata.
Sempre meno news paper addicted, disposti a sborsare più di 1 euro al giorno per sedersi al bar di buon mattino ad accompagnare cornetto e cappuccino con la lettura del quotidiano preferito. E sempre più giornalisti abbandonano le pagine fruscianti per riempire quelle del web con una scrittura più veloce e diretta che semplifica l’informazione ma allarga il ventaglio dei fruitori. Tra i protagonisti della diaspora, le penne più famose del mondo: Nick Denton, dal “Financial Times” al “Gawker Media”, Michael Wolf, dal “New York Times” al “Newser” ed, oggi, Tina Brown la regina del gossip USA.
La lady D del giornalismo newyorkese, direttrice di “Vanity Fair” dall’84 al ‘92 e del “New Yorker”, fino al ‘98, considerata responsabile della nascita del cannibalismo mediatico e tra le maggiori promotrici della cultura della celebrità. Ne è un esempio il bestseller “Lady Diana Chronicles” (Corbaccio 2007), in cui Tina sottrae la principessa all’aurea di santità a cui il mondo era abituato, restituendole, con ironia, uno spessore umano non immune da qualche meschinità.
Nata a Maidenhead in Inghilterra nel 1952, Christina Hambley Brown, è figlia di produttori cinematografici. Vive un’adolescenza ribelle che le costa tre espulsioni dalle scuole superiori e, tuttavia, si laurea ad Oxford nel 1974, dopo essersi distinta come giovane e promettente scrittrice. Nel 1981 sposa, a New York, Sir Harold Evans, proprietario del londinese “Sunday Times” (per cui scriverà fino al ‘78), con il quale mette al mondo George (‘86) e Izzy (‘90), con cui vive oggi nella Grande Mela. Descritta dal “Sunday” come la più promettente giornalista donna nel 1973, 5 anni dopo vince il premio come miglior giornalista dell’anno.
Tra 2004 e 2005 è autrice di vari colum di politica e cultura per “Washington Post” e “New York Sun”, ma le sue vere attitudini sono quelle per la notizia gustosa, il retroscena politico, il glamour hollywoodiano ed il pettegolezzo d’alto bordo. Da quel “Tatler”, mensile londinese a cui, sul finire dei ’70, fa quadruplicare la tiratura, alle più recenti esperienze in terra americana, dove prende la cittadinanza nel 2005.
Seguace sfegatata di Hillary Clinton, sulla quale sta scrivendo una biografia col solito stile ironico, provocatorio, divertente, è guidata dal suo infallibile senso della notizia. Talento che oggi cambia rotta, rapito dall’etere, dove la Brown navigherà alla guida del suo news aggregator, notiziario web in tempo reale. Finanziata dal magnate Barry Diller, promette un’informazione scevra da qualsiasi impronta ideologica nonostante si dichiari contraria al candidato McCain di cui a malincuore prevede la vittoria alle Presidenziali.