La settecentesca “Villa Olmo “è un palazzo imponente, ma i materiali chiari la rendono leggera , magica: stupenda. Si arriva al lago camminando in uno spiazzo largo quanto la casa dove trova posto un giardino all’italiana con una fontana. Ai lati e dietro dove c’è l’entrata da terra, tanto verde e alberi secolari. Questa prestigiosissima sede dal 2004 di mostre di “Mirò”, “Picasso”, “ Magritte” e “ Gli Impressionisti” ha portato sul lago di Como oltre 350000 visitatori.
Dal 15 marzo fino al 21 luglio ospita un evento dedicato ai capolavori custoditi in un altro settecentesco e meraviglioso Palazzo “Il Belvedere”, residenza estiva fatta costruire da Eugenio di Savoia, trionfatore contro i Turchi. Oggi uno dei principali musei di Vienna.
Gli artefici, i curatori sono Sergio Gaddi, assessore alla cultura di Como e Franz Smola, curatore del museo Belvedere . Ottanta sono le opere che ripercorrono la genesi dell’arte del Novecento, partendo dal Barocco, passando per la Belle Epoque, per il Biedermeier, fino al fulcro della mostra, con Klimt, Schiele e Kokoschka, autori legati alla Secessione e all’ Espressionismo Viennese.
Klimt (1862-1918) incanta subito come ritrattista e paesaggista.”Castello Kammer” opera del 1910, colpisce per la composizione che si basa sulla scansione ritmica di alberi e finestre, che determina l’andamento della visione. Il castello Kammer fu dipinto da varie angolature e in vari modi da Klimt. Si trova infatti sul lago Attersee nel salisburghese dove l’artista trascorse con la sua compagna Emilie Floge per sedici estati la sua villeggiatura. L’importanza data all’acqua, dove l’edificio si specchia, deriva indubbiamente da Monet. “Giardino di campagna con girasoli” ha la particolarità di rappresentare solo fiori che dominano la scena in un’esplosione di colori. E’ come se Klimt prospetticamente fosse in mezzo al prato, lasciandoci davanti ad un caleidoscopio . In “Dopo la pioggia” del 1898 è la scelta del formato verticale che colpisce, dettato dalle illustrazioni che realizzava per la rivista d’arte della secessione. In seguito il maestro però usò prevalentemente tele quadrate, misura ideale per il movimento dei secessionisti, dei quali fu tra i fondatori e figura preminente. E poi i ritratti, meravigliosi : “Signora davanti al camino” del 1898. Una donna elegante dal profilo severo si fonde con l’oscurità dello sfondo. “ Ritratto di Johanna Staude” emoziona, è incompiuto. Klimt morì per un infarto e non potè terminarlo.
Ed ecco Schiele (1890-1918) vent’otto anni di pura arte caratterizzata dalla fisicità del corpo. Fisicità per esprimere stati d’animo. Fisicità fra uomo e donna per esprimere sensualità, passionalità. Entrambe per esprimere la tragica dimensione esistenziale umana. “Madre con due bambini”: il gruppo si staglia su uno sfondo opprimente, buio. Il sentimento di angosciosa sofferenza non è mitigato dai colori vividi, luminosi, né dall’allegria decorativa delle coperte. “ L’abbraccio” del 1917, riproduce una coppia di amanti stretti in un abbraccio passionale: straordinaria sensualità.
Prima di morire, dopo una vita di “espressionismo”, Schiele ritornò ad essere un eccellente ritrattista, riuscendo a catturare la vera essenza delle persone ritratte. “La moglie dell’artista”, “Ritratto del dottor Hugo Koller “dipinto con i suoi libri.
Lo stile di Schiele rimane personalissimo, impossibile annoverarlo come appartenente ad una corrente pittorica in senso stretto.
Al contrario di Schiele, Oskar Kokoschka (1886-1980), altro caposaldo dell’Espressionismo Viennese, visse fino a novantaquattro anni. La sua esperienza pittorica si intreccia con i mutamenti della propria vita e degli accadimenti di quasi un secolo con due guerre mondiali. I ritratti, al pari di Klimt e Schiele caratterizzano la sua formazione a Vienna, e furono lo stile con il quale conquistò il plauso del pubblico. Introdusse poi il “colore intenso” che mantenne fino alle tarde opere che sono caratterizzate da colori tenui. Su tutto la veemenza e la dinamicità gestuale. La si vede nell’opera “Il tigone” del 1926, dipinta in uno zoo di Londra. Negli anni si dedicò alle vedute topografiche, “Il ponte Dulsie sul fiume Findhorn” ne è un esempio importante.
“Erodoto” che ritrae lo storiografo greco circondato dai personaggi dei suoi racconti, svela negli anni ’50, un interesse di Kokoschka per raffigurazioni ispirate a fonti storiche e mitologiche.
E poi Otto Friedrich, raffinato e accurato nella tecnica pittorica, presente con” Il ritratto di Elsa Galafrés” che ricorda i ritratti di Klimt.
Il percorso espositivo inizia con i quadri di pittura barocca delle collezioni del Belvedere: Paul Troger, Martin van Meytens e lo sculture di Franz Xaver Messerschmidt. Poi il Biedermeier viennese: Friedrich von Amerling, Ferdinand Georg Waldmuller, Johann Evangelist Scheffer von Leonhardshoff con il capolavoro d’orientamento romantico a tema religioso “Santa Cecilia morente” del 1821.
Una sala è dedicata alle rappresentazioni romantiche delle città italiane : Rudolf von Alt, Joseph Rebell. Un’altra sala all’ideale della bellezza femminile del tempo: “Amore materno” di Joseph Danhauser e Johann Baptist Reiter con donne più fatali.
La seconda metà dell’ottocento, la Belle Epoque viennese, è rappresentata da Hans Makart. “Caccia sul Nilo”, monumentale e arricchito di sontuosi costumi esotici, fa parte dei suoi soggetti storici .
“L’Abbraccio di Vienna” commenta Sergio Gaddi, uno dei due curatori “ è un grande affresco dell’arte mitteleuropea, che oltre ad approfondire la svolta storica della Secessione e del passaggio fra Ottocento e Novecento, allarga il punto fino ad abbracciare un periodo molto più ampio, che si apre con gli straordinari anticipi di modernità deformata delle sculture di Messerschmitt fino alle linee magnetiche e conturbanti di Klimt e Schiele”.
Davvero una grande mostra per la quantità e la qualità delle opere, per il percorso storico e per i magnifici Klimt, Schiele e Kokoschka che sicuramente lasciano i visitatori distratti ed assorti, perchè la loro arte incanta, perché la bellezza fa bene al cuore.