Una mostra evento che presenta le opere di Canova e altri neoclassici , a cura di Sergej Androsov e Fernando Mazzocca che ne hanno curato anche il catalogo con le splendide fotografie di Aurelio Amendola editato da Federico Motta editore.
Obiettivo dell’esposizione è ricostruire le tappe di un’affascinante avventura collezionistica russa, soprattutto dello zar Nicola I, particolarmente legato all’Italia, come dimostra il viaggio che intraprese nel 1845 tra Roma Firenze e Bologna, ma anche di mostrare una serie di grandi opere ritornate per la prima volta nella loro terra d’origine: le vicende della scultura in Italia, in particolare a Roma, dopo la svolta di Canova, che per decenni venne considerato il maggior artista del mondo occidentale.
In un allestimento di grande suggestione a cura di Roberto Peregalli e Laura Rimini nelle sale dell’ex Museo della Reggia, fanno da cornice alle opere monumentali, vasi in pietre rare eseguiti per gli zar nelle prestigiose manifatture di Petergof, Ekaterinburg e Kolyvan.
Dall’Ermitage di S. Pietroburgo che possiede una delle maggiori raccolte di tutti i tempi, dalle statue classiche ai marmi moderni, tra cui la più vasta serie di capolavori in marmo di Canova, sono arrivate una quarantina di opere di artisti neoclassici italiani, quali Finelli “ Le ore danzanti”, Tenerani “ Flora e Psiche svenuta”, Bienaimé, Bartolini ( il “Bacchino” confrontato con quello di Dupré) e ,Thorvalsden.
Sette i capolavori di Canova, tra cui : “Le tre Grazie”, “La danzatrice con le mani sui fianchi” “L’Amorino Alato” e la “Maddalena Penitente”. La mostra lo presenta come espressione di un’epoca e come capostipite del neoclassicismo.
L’immaginazione, che per Bernini è prefigurazione di futura salvezza, con Canova inverte il corso, diviene memoria. Immaginazione come memoria è l’ideologia dell’antica Grecia che Canova contrappone alla logora ma ancora imponente autorità di Roma. L’artista non ha pensieri politici, è semmai un conservatore, ma la sua ideologia dell’antica Grecia istituisce il principio della libertà dell’umano nel suo rapporto col naturale.
Molti critici del nostro tempo hanno salvato soltanto i bozzetti di creta e terracotta, che ai loro occhi sembravano felici improvvisazioni, mortificate poi da un’esecuzione troppo meticolosa. La coerenza tra il modellato e il marmo scolpito è invece assoluta. Per Canova contrariamente a Michelangelo, per il quale l’arte era il non finito, l’arte è l’assoluto finito.
Quanto si differenzi il marmo col lavoro di Canova e dei suoi assistenti dal modello di gesso si vede dalla luce. Il morto biancore del gesso diventa splendore e candore. La statua non è più un oggetto, ma diventa spazio e luce, egli cancella la distinzione fra “bello in natura e bello in arte”, altro non è, afferma il maestro, che “la virtù visiva dell’anima”.
L’esecuzione del marmo che necessita la collaborazione di esperti marmoristi, è un agire corale, che si trasmette poi a chi guarda. Come la musica è invenzione di uno solo, poi orchestrata e concertata fino a coinvolgere il pubblico. La ricerca di empatia è segno di una nuova finalità nell’arte : “non più salvifica in senso religioso, ma liberatoria in senso civile”. All’inizio del nuovo secolo Schiller spiegò che l’educazione estetica era educazione alla libertà.
Canova concludeva definitivamente la grande tradizione del Rinascimento italiano. L’arte non più in rapporto col conoscere, ma con l’esistere.
La mostra è una proposta culturale di grande qualità che rompe con gli schemi di una “critica” troppo spesso dimentica del valore di certi artisti.
CANOVA ALLA CORTE DEGLI ZAR
Capolavori dall’Ermitage di San Pietroburgo
23 febbraio – 02 giugno 2008
Palazzo Reale, Milano
Orari lunedì 14.30 – 19.30
martedì – domenica 9.30 – 19.30
giovedì 9.30 – 22.30
La biglietteria chiude un’ora prima
Informazioni infoline e prevendita tel. 02 54917
www.mostracanova.com