A soli 20 anni Ellen Page, nata ad Halifax (Nuova Scozia, Canada) il 21 febbraio del 1987, vanta un notevole talento ed una carriera di successo cominciata sulle tavole del palcoscenico in tenera età. A soli 5 anni, già si esibisce come protagonista in “Charlie e la fabbrica di cioccolato”, piece teatrale tratta dall’omonimo film di Mel Stuart del 1971. La bambina prodigio insegue la sua aspirazione, appoggiata dai genitori Martha Phillpotts e Dennis Page, frequentando la “Neptune Theater School”. Ad 11 anni ottiene il primo ruolo per la TV canadese nel film “Pit Pony” (Eric Till, 1997) che sarebbe poi diventato un serial televisivo.
Comincia a collezionare particine per il piccolo schermo finché, raggiunti i 16 anni, interpreta il primo ruolo importante in “Mouth to mouth” (Alison Murray, 2004). La pellicola indipendente (inedita in Italia) lascia intravedere doti artistiche che vanno oltre lo standard commerciale dei serial interpretati fino ad allora. La critica è entusiasta ed il pubblico s’innamora della sua faccia pulita dal piglio angelico ed insieme espressivo. Ma la vera notorietà arriva un anno dopo, con il controverso thriller “Hard Candy” (David Slade, 2005). La tematica pedo-pornografica rovescia la favola di “Cappuccetto rosso”, mostrando una Ellen che, da vittima predestinata, veste i panni di una giovane carnefice.
La pellicola mette in luce la sua predisposizione per le interpretazioni difficili e sofferte e, nel 2006 arriva la scrittura per il film “X-Men 3: conflitto finale” (Brett Ratner) che estende la sua fama fino al bel paese. Ellen veste i panni, strappati a Sumela Key (“X-Men”, Bryan Singer, 2000) e a Katie Stuart (“X-Men 2”, Bryan Singer, 2002), della mutante Shadowcat, alias Kitt Pryde. Ruolo “galeotto” che le vale, oltre al successo, l’incontro con il collega Ben Foster, anche lui impegnato sul set nella parte di un mutante e suo attuale compagno. Ellen sembrerebbe completamente a suo agio alle prese con l’industria culturale hollywoodiana dei prodotti ad alto budget. Ma la giovane promessa ha altri piani.
Dopo aver conquistato la nomination all’Oscar come “miglior attrice” per il film “Juno” (Jason Reitman, 2007) che spopola alla Festa Internazionale del Cinema di Roma, dichiara pubblicamente di volersi dedicare al cinema indipendente. Juno MacGuff è un’adolescente brillante ed emancipata alle prese con una gravidanza precoce vissuta con coraggio e maturità. E, nonostante la produzione firmata 20th Century Fox, l’originalità della sceneggiatura (scritta dalla blogger Diablo Cody) supera lo stereotipo della tematica generazionale e conquista la star in erba per spessore e profondità. La parte le permette di sviluppare quel che considera il segreto del suo successo. Una ”insana onesta” in grado di esprimere verità interiori irraccontabili che raggiunge la parte più oscura del proprio essere, senza indulgere in clichè.
Altre tre pellicole, in programma per il 2008, soddisferanno la tensione di Ellen verso un’arte provocatoriamente realista. Si tratta di “An American Crime”, ispirato ad un cruento episodio di cronaca nera avvenuto nell’Indiana negli anni 60, “Light house”, che prende spunto dalle parole testamento di Edgar Allan Poe, e “Jack and Diane”, storia di lupe mannare a tematica lesbo. Tutti gli occhi sono puntati su di lei, ansiosi di vedere realizzate le promesse di un talento, che non si lascia “ingabbiare” dalle dinamiche di potere.