La prima parte del film è forse quella meno riuscita, in cui Molaioli si
concede troppi vezzi registici per creare l’atmosfera rarefatta ma pregnante
che accompagnerà tutta la pellicola; troppi movimenti di macchina fanno
sembrare questo incipit una derivazione innaturale del cinema di Paolo
Sorrentino. Appena però partono le indagini sull’assassinio, ecco che la messa
in scena e la narrazione diventano più equilibrate nella loro importanza, e
soprattutto viene lasciato il giusto spazio alle psicologie ottimamente
tratteggiate di tutti i personaggi rappresentati. “La Ragazza del lago” si
trasforma allora in un lungometraggio toccante, molto ben delineato nelle
atmosfere, e capace di far entrare in sintonia pubblico e storia senza
ricorrere ad effetti o trovate eccessivamente meccaniche. Molaioli si muove
intorno alle proprie figure con sicurezza e semplicità, e molto è aiutato dalla fotografie e dalle
musiche, che si fondono armonicamente soprattutto con la bellezza austera dei
settino naturali.
Alla fine il film resta interessante nei meccanismi della detection, e
soprattutto sottile ed equilibrato nella gestione del pathos narrativo. Al
resto ci pensano un cast di attori affiatato, su cui come detto svetta un Toni
Servillo che, quando utilizzato secondo le sue potenzialità, dimostra ancora una
volta di essere interprete di razza pura.