Kei Kagami è un architetto/stilista d’avanguardia che nelle sue particolari creazioni utilizza materiali innovativi e di concetto su forme strutturate che lo differenziano e lo rendono unico nella sua originalità. Appena laureato in architettura si ritrova ad essere il pupillo di uno degli architetti giapponesi più quotati, Kenzo Tange. Poco dopo approda da John Galliano riuscendo, quindi, ad avvicinarsi a quell’emisfero che, da sempre, l’aveva appassionato: la moda.
Tre sono le parole che esprimono la filosofia delle collezioni di questo grande talento nipponico: espressione – creazione – emozione. Sponsorizzato da YKK, azienda giapponese leader mondiale nella produzione di sistemi di chiusura nei settori dell’abbigliamento e dell’industria e da sempre vicina all’arte, Kagami crea dei progetti visti come dei veri e propri lavori artistici, tanto che molti suoi abiti sono stati esposti in alcuni musei e gallerie del mondo.
Le creazioni dello stilista, in equilibrio funambolico tra moda e design, collocano al centro della scena visiva una trasmigrazione di forme e contenuti, oggetti che diventano accessori inusuali delle creazioni di moda. Piedini di letto, pomelli d’armadio, candele, spirali metalliche che si trasformano in tacchi, scarpe, borse. Nelle sue mani qualsiasi accessorio si eleva a oggetto di design, in quelle che sono state definte ‘Mutazioni vestite’.
Stile è andato a conoscerlo.
Kei, hai studiato architettura e mentre lavoravi in questo settore hai scelto un’altra strada che è quella della moda. Qual è il filo conduttore tra queste due realtà?
So che non sono due cose identiche, ma penso che abbiano molto in comune come la forma del pensiero, il lavoro dalla seconda alla terza dimensione, lo spazio, la costruzione, la funzione e così via.
Perché hai scelto di esprimerti attraverso questi due campi?
E’ ciò so fare. E’ la mia forma di espressione, senza la quale non potrebbero esserci le mie sfilate. Certo, sarebbe sufficiente produrre vestiti e venderli ma per me non avrebbe nessun senso.
Quali delle due scuole, architettura e moda, domina nel tuo lavoro?
E’ una domanda interessante! Non ci avevo mai pensato. Credo che mentalmente e filosoficamente il mio lavoro e me stesso siamo dominati dall’architettura, ma fisicamente dalla moda. Di base disegno abiti con la disposizione mentale di quando lavoravo come architetto.
Che tipo di materiali utilizzi per le tue creazioni? Le strutture sono fatte di metallo, legno, cera. C’è qualche senso del riciclaggio?
Utilizzo lana pura per i vestiti, di base amo i materiali naturali. Per essere onesto non ho alcuna coscienza di riciclaggio.
Molti degli abiti che o visto sfilare a Milano hanno delle zip, delle chiusure YKK, fibbie e palline metalliche, catene di biciclette, meccanismi serpeggianti, ganci e altri componenti metallici. Leggo anche che questi accessori hanno un ruolo chiave nelle tue creazioni. Cosa puoi dirmi a riguardo? Quando considero che il materiale è giusto per dare l’immagine giusta, lo rendo mio. Se c’è un pezzo di legno ed è essenziale per ciò che voglio esprimere, lo utilizzo. Qualunque materiale potenzialmente è buono per i miei abiti.
A prima vista i tuoi abiti sembrano poco pratici. E’ possibile togliere le strutture inserite e quindi renderli adatti alla quotidianità?
Si, so che non sono per niente pratici, ma sono solo degli effetti per enfatizzare il tutto, per esprimere ciò che voglio sulla passerella. Infatti quasi tutti i miei pezzi sono indossabili senza le strutture metalliche e, credimi, li produciamo per la vendita. A volte penso che non ci sia una grande differenza tra i miei pezzi e quelli commerciali: è solo una questione di esagerazione. Inoltre sono abiti da ‘mostra’ quindi l’importante è riuscire a creare una reazione nel pubblico. Sarei felice se qualcuno che ha visto il mio lavoro potesse modificarne l’immagine in un pezzo commerciale. E’ così che si sviluppa la cultura, ed io cerco di trasmettere dei messaggi che abbiano un valore culturale
Per esempio?
Provo sempre ad esprimere ciò che sento, pensando il più onestamente possibile per ogni collezione. Con l’ultima, A/I 06/07, ho voluto chiedere alla gente cosa fosse per loro la moda. In realtà era una domanda rivolta anche a me stesso. Inizialmente non sapevo cosa dovevo fare e cosa fosse giusto, ero veramente confuso dalla moda stessa, ormai così commercializzata. Mi ero perso nel mondo del fashion. Poi all’improvviso è diventato il tema della collezione: la moda. Ho cercato di dare un altro significato agli abiti che originalmente erano disegnati per il corpo umano. Utilizzando quest’ idea ho presentato due stili di vita completamente differenti in questa collezione. Il primo era la descrizione della normale vita quotidiana: donne che camminano con una borsa, con un cane, con un bambino o che vanno in bicicletta. Una visione un pò noiosa della vita che ho cercato di ‘coprire’ con materiali che diventavano delle estensioni degli abiti stessi. Quindi la funzionalità del vestito non è solo quella di vestire la donna ma ha anche di vestire dell’altro. L’abito originale ha tutto un altro significato. Ho pensato che il tutto potesse almeno far pensare la gente. Nello stesso tempo è possibile che li abbia confusi, se è così, va benissimo (ride ndr).
L’altra descrizione rappresenta la vita di una signora nobile, circondata da cose lussuose come per esempio un bicchiere di vino, un cappello, un bocchino, candele e campane. Gli abiti hanno un significato più ampio. Era importante per me descrivere questi due stili di vita differenti per dare un contrasto forte, perché qui in Europa c’è un sistema di classe e con la mia collezione ho pensato di poter far riflettere la gente a riguardo.
Quindi per te cos’è la moda oggi?
Amo fare vestiti e creare uno spazio e una costruzione positiva. Ma non so molto sull’argomento, perché non mi interessa la moda del presente. Forse la moda oggi non significa assolutamente niente per me, addirittura a volte la detesto.
Detesti il fatto che si sia commercializzata troppo?
Esattamente.
Quali sono le tue fonti d’ispirazione?
Spesso traggo ispirazione da qualcosa di personale. Per esempio cosa sento e penso in un determinato momento, cosa percepisco come ‘bello’, su cosa sono arrabbiato, cosa mi impressiona profondamente e così via.
Prima di qualsiasi collezione analizzi te stesso.
Si, incluso la mia condizione mentale e queste analisi spesso mi portano idee e in qualche modo immaginazione. Una grande cosa della moda è che ti permette di creare nuove immagini. Partendo da queste spesso faccio un salto in campi diversi come l’ingegneria, la meccanica, la scienza, la letteratura. E porto questi elementi sui miei abiti. Non è facile avere delle idee, delle storie e dei concetti nuovi: ormai è stato fatto tutto. Importante per me è sapere cosa succede nella società nel momento in cui creo. Adoro guardare i notiziari (è l’unica cosa che mi piace della TV). Una cosa è certa: non mi interessa cosa indossa la gente.
Non segui le tendenze. Di conseguenza il tuo lavoro non può invecchiare.
Già, neanche a questo avevo pensato! (ride ndr)
Osservando i tuoi lavori ho notato che il tutto è dedicato alla donna. Si trovano inoltre spunti sulla maternità, sull’ecologia e la natura. Sono punti fermi del tuo lavoro?
Personalmente apprezzo molto il corpo della donna, anche se qualcuno lo potrebbe negare e altri potrebbero pensare che abuso del corpo della donna, e allo stesso tempo provo a renderlo il più sofisticato possibile. E’ alla base del mio lavoro. Per quanto riguarda la maternità, l’ecologia e la natura nelle mie ultime due collezioni ho voluto suggerire immagini pacifiche. Siamo circondati da guerre e terrorismo, avevo bisogno di immagini salutari. Alcuni dei miei lavori precedenti, sembravano abbastanza aggressivi e duri anche se non era mia intenzione (qualcuno li ha interpretati in questo modo). La mia collezione P/E 06 è stata la più gentile che abbia mai fatto, non ho avuto la ‘forza’ di fare niente di duro perché la figlia di un mio amico è stata vittima dell’attentato terroristico all’autobus di Londra.
Leggendo la tua biografia, trovo “elementi di storia, politica e società pervadono nel lavoro di Kagami e queste tematiche sono riflesse nei suoi show “. Potresti dirmi qualcosa sulle tue collezioni precedenti?
Con la collezione The Good Old Days of Industrial Revolution (Spring Summer 2004) volevo far apprezzare la civilizzazione dei macchinari durante la Rivoluzione Industriale. Il mio desiderio è che la gente non dimentichi il passato. In verità sono molto infastidito dai computer e dal fatto che molte persone, compreso i bambini, spendono il loro tempo libero con il volto incollato al pc. So che è un mezzo ormai necessario nella nostra epoca, ma non è per niente salutare e addirittura pericoloso. Allo stesso tempo mi sono reso conto di quanto fosse importante la rivoluzione industriale: con quei macchinari puoi fisicamente vedere la costruzione della macchina. Se c’è qualcosa che non va, puoi addirittura ripararla. Significa che si può coesistere con tutto ciò e lo trovo fantastico. Con il computer un semplice utente non può ripararlo. Inoltre ho provato ad esprimere un immagine nella quale il corpo umano, i dettagli meccanici e i vestiti si amalgamassero in armonia. Sicuramente non c’è bisogno di dire altro, sono sicuro che mi capisci se hai visto la sfilata.
Un opinionista italiano ha definito la tua collezione “Correction and its Paradox (Autumn/Winter 2005/06)” come una ‘tortura couture’. Cosa ne pensi?
Penso che abbia ragione e che come definizione mi piace, ma non era assolutamente ciò che volevo esprimere. Volevo esprimere il concetto di ‘correzione’ per quello che è, per fare le cose in modo corretto. L’idea è nata nel momento in cui mi sono reso conto dell’incoscienza che pervade la società e il mondo sul concetto di ciò che è corretto o scorretto. In questa collezione volevo addirittura chiedere alla gente cosa fosse giusto e cosa sbagliato. Ma non voglio parlare di questo argomento perché potrebbe diventare troppo politico ed esiste la possibilità che possa sbagliarmi. Comunque è una questione che è rimasta sempre nella mia testa ed è stato abbastanza difficile esprimere tutto ciò nel corpo della donna e nei vestiti.
Ma ci sei riuscito
Sembra di si…
Ilaria Oriente