Vi sono attualmente tre mostre a Parigi che, per l’affinità esistente tra le opere presentate, potrebbero far parte di unico percorso espositivo, che collegherebbe così la personale di Doug Aitken al Couvent des Cordeliers (sede provvisoria del Museo d’Arte Moderna della città di Parigi), alla galleria Cosmic, dove è proiettato un video di Pierre Bismuth e Michel Gondry, al centro d’arte Le Plateau, che nello spazio dedicato alle proposte sperimentali ospita un lavoro di Katrina Neiburga.
Il percorso metterebbe così a confronto approcci diversi al mezzo audiovisivo, evidenziando una comune ricerca che decostruisce spazio e narratività, e crea una commistione con le superfici espositive. Sono infatti tutte video installazioni che giocano sulla labilità di confini tra spazio interno ed esterno al video, a partire da disposizioni formali delle proiezioni che producono una perdita di senso della frontalità, dischiudendo il rettangolo filmico alle tre dimensioni. Lo spettatore così, con i suoi movimenti, con le sue percezioni, è chiamato a mettere insieme i frammenti, a ricostruire una narrazione. Nel meccanismo scenico allestito da Doug Aitken arriva anche il momento in cui il visitatore diviene l’unico attore sulla scena, quando, dopo aver assistito alla moltiplicazione di personaggi e eventi su vari schermi immersi nel buio, giunge in una sala luminosa dove un’installazione di esagoni specchianti gli offre diverse immagini di se stesso, come se si trattasse di una moltitudine di schegge della propria identità, anch’esse utilizzabili per comporre una nuova storia.
The All Seeing Eye di Pierre Bismuth e Michel Gondry, duo francese cui si deve la realizzazione di Eternal Sunshine of the Spotless Mind, pellicola che ha ottenuto l’Oscar 2005 per la migliore sceneggiatura, espande invece l’occhio del visitatore fino alla visione panottica, grazie ad un dispositivo in movimento che ruota a 360 gradi e fa scorrere l’inquadratura sulle quattro pareti della galleria. Si è portati così dentro lo spazio di una grande casa ammobiliata con gusto borghese, ma che nelle successive evoluzioni ritroviamo, quasi senza accorgercene, pian piano svuotata dei suoi mobili sino a restare sgombra e bianca, sovrapponendosi così e coincidendo con lo spazio espositivo. La visione assoluta è quindi anche quella che alla fine si rivela essere illusoria.
Come Bismuth e Gondry anche Katrina Neiburga, giovane artista proveniente dalla Lettonia, mostra gli oggetti, i mobili di una casa, ma è una visione che ci accosta ad uno spazio molto più intimo, pur rimanendo anche qui frammentario e quasi cubista nelle modulazioni sui tre grandi schermi paralleli tra filmati, suoni e fermo-immagini. La solitude, opera realizzata durante una recente residenza parigina, è un congegno visivo imponente, e quasi meccanico nel suo funzionamento: una macchina che filtra la realtà per consegnarci cellule di esistenza. Il terzo dei dispositivi che scompongono e ricompongono il reale, a concludere il nostro percorso.
Ultraworld di Doug Aitken
Musée d’art moderne au Couvent des Cordeliers, sino al 31 dicembre 2005.
15, rue de l’École-de-Médecine. 75006 Parigi.
Pierre Bismuth e Michel Gondry : The All Seeing Eye
Cosmic Galerie, sino al 3 dicembre 2005.
7-9, rue de l’Équerre – 75019 Parigi.
Katrina Neiburga : La Solitude
Le Plateau, sino al 27 novembre.
Place Hannah Arendt, 75019 Parigi.
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Daniele Balit: curatore e critico indipendente vive tra Roma e Parigi, dove ha lavorato come assistente di Marie-Laure Bernadac alla mostra Contrepoint – Artisti contemporanei al Museo del Louvre, e dove sta portando avanti una ricerca sui temi espositivi legati al suono all’Università La Sorbonne. Si interessa di arte sonora e nuovi media e sta curando una mostra di artisti invitati ad esporre su alcuni siti Internet intitolata Neterotopia. Ha partecipato all’ultima edizione del Festival Visura Aperta di Momiano in Croazia con un progetto, in collaborazione con Maria Chiara Calvani ed Emilio Fantin. Parallelamente porta avanti una ricerca artistica tra musica sperimentale ed arte sonora ed un suo lavoro fa parte dell’archivio del Sound Art Museum di Roma.