Nel 1997 la riapertura della Galleria Borghese dopo dieci anni di restauro, con un investimento di 50 miliardi, grandi aspettative e molteplici novità. Abbiamo incontrato Alba Costamagna, che della Galleria è direttrice dal 1996.
Signora Costamagna, cosa si può dire di questo debutto e dello sviluppo delle attività del museo…
”I problemi che si sono presentati al momento della riapertura erano essenzialmente legati alle esigenze di sicurezza. Nella palazzina barocca non esistono scale di sicurezza esterne. Si volle conservare la palazzina nella sua integrità, senza aprire alcun varco.
Dal momento che l’edificio è decorato su tutte le pareti, l’apertura di un varco per le scale esterne, infatti, avrebbe significato distruggere parte delle decorazioni. Così il rispetto della storicità del luogo e della sua integrità ha comportato il sacrificio numerico dei visitatori, non ne possono essere presenti contemporaneamente più di 360, e per riuscire nell’intento era necessario avere un controllo preventivo e una prenotazione.
E’ stata una grande novità, fino al 1997 le prenotazioni si facevano solo per le mostre più frequentate. La Galleria borghese ha dovuto così sperimentare in brevissimo tempo l’automatizzazione della biglietteria, la prenotazione telefonica e via internet e si è dovuta dotare di tutti i mezzi che consentissero al pubblico un accesso sereno all’interno di un edificio comunque molto piccolo”
Una collezione permanente di opere d’arte tra le più importanti al mondo, in quale modo è possibile il connubio con le esposizioni temporanee e il loro allestimento?
”Questo è il grosso problema del museo che possiede degli ambienti piuttosto piccoli, eccettuato il Salone all’ingresso che però è pieno di sculture e di stucchi, per non parlare dei mosaici pavimentali di epoca romana.
Una mostra comporta una disposizione e una lettura ben diversa da quella consueta, che vada oltre la costrizione spaziale e fisica della Galleria e delle sua sale e salette.
Si sarebbe dovuto a suo tempo prevedere uno spazio per le mostre, andare oltre nei sotterranei immediatamente vicini al museo per creare uno spazio asettico , adeguato per un possibile allestimento e una lettura critica delle opere.
Ma Forse questa scelta di non costruire nulla oltre il museo, neanche sottoterra, è stata una costrizione dettata dal luogo stesso. Sotto il museo sono presenti delle gallerie tufacee con delle infiltrazioni d’acqua. Quindi scavare significava rendere più fragili le fondamenta.
Però le grandi mostre presto si potranno fare a Palazzo Barberini dove c’è tutta un’ala precedentemente dedicata all’Ente Premi Roma.
Nella Galleria Borghese, per ora, è possibile al massimo allestire piccole mostre tematiche su una singole o poche opere”
Come avviene il reperimento dei fondi per il museo; esistono forme di ”membership” o di associazionismo, come è gestita la politica della sponsorizzazione privata?
”Il museo, essendo un museo statale, vive soprattutto dei fondi statali ordinari, sia per il funzionamento e la manutenzione, che per la grande mostra.
Il 60-70% della spesa è a carico dello stato con eventuali aggiunte, nel caso di eventi speciali, da parte di sponsor privati.
La Legge Ronchey ha consentito poi di usufruire dei proventi per la vendita di fotografie, per l’affitto temporaneo per visite private quando il museo è chiuso, per l’affitto della zona del seminterrato, dove c’è tutta la parte di accoglienza al pubblico per le manifestazioni e le conferenze.
Infine ci sono i canoni e le royalties delle concessioni del bar e del book-shop che rendono abbastanza”