A Catania, città barocca nell’architettura e nell’anima, l’appuntamento più atteso dell’anno, fisso ormai da cinque secoli, sono le tre giornate meravigliose e mirabolanti dedicate a Sant’Agata, patrona della città.
In un’atmosfera quasi irreale si mescolano culto e folclore, devozione e tradizione. Qualcosa di simile succede solo in Spagna nella “Settimana Santa” di Siviglia o, molto più lontano, a Guzco in Perù.
Catania ha dedicato alla patrona bellissime chiese, come quella “di Sant’Agata al Carcere”, centro del culto, che ospita la prigione dove fu rinchiusa e conserva una pietra di lava con l’impronta dei piedi della santa.
Santa Agata è anche nello stemma cittadino, rappresentata nella A posta sotto l’elefante. Ma soprattutto, dal 3 al 5 febbraio di ogni anno, tutto si ferma per lei, la giovinetta che subì atroci martiri culminati nel taglio delle mammelle. Per lei si sfida il sonno e si affronta ogni sacrificio.
La prima giornata, il 3 febbraio, si apre con la processione, dalla “Chiesa di S. Agata alla Fornace” alla Cattedrale. A chiuderla, le undici candelore delle antiche corporazioni (artigiani, macellai, pescivendoli, ortolani e panettieri), costruzioni in legno alte 6 metri, dipinte d’oro, piene di addobbi e trasportate a spalla. Alle 15 comincia il Trofeo Podistico Internazionale con le sfide tra i campioni del cross mondiale; la sera fuochi d’artificio in Piazza Duomo.
Il 4 febbraio Sant’Agata, dopo il primo incontro con i fedeli nella cattedrale, posta sul pesante fercolo (pesa circa 30 quintali),”a vara”, va, ricoperta di gioielli, tra la sua gente, in tutti i quartieri. Attraversa Porta Uzeda, via Dusmet con i caratteristici archi, passa per i luoghi che videro le atroci sofferenze della giovinetta.
Sosta a Sant’Agata la Vetere, la prima Cattedrale di Catania. La sera si dedica ai quartieri popolari dove la festa continua per tutta la notte. Case aperte, bar strapieni, bancarelle con torrone, griglie all’aperto per arrostire carne di cavallo. Intanto la Santa torna in Cattedrale.
Il 5 febbraio la festa riprende in tarda mattinata. Alle 17.30 ha inizio il giro della città con le undici candelore in testa. Dopo i fuochi d’artificio, giunto all’incrocio con via di S. Giuliano, il fercolo viene trainato con uno strappo fino a via Crociferi culminante in un applauso liberatorio.
Ugualmente spettacolare il momento in cui la ”vara” della Santa si ferma davanti alla chiesa di San Benedetto, dove le Clarisse le offrono fiori intonando canti religiosi. Alla fine si torna in Cattedrale, tra giochi pirotecnici e le grida dei devoti che non vogliono staccarsi da lei.
Ed è festa anche per il palato: per l’occasione si preparano le “olivette di sant’Agata”, dolci di pasta di mandorla colorati di verde e ricoperti di zucchero, e a ricordo dell’amputazione dei seni, le “minne di Sant’Aita” piccole cassate ricoperte da glassa bianca con una ciliegia candita.