Sembra proprio che l’eco dei favolosi anni ’60 sia destinato a non spegnersi: le collezioni dell’inverno 2003/04 ne danno ampia testimonianza.
I Sessanta sono stati gli anni di una mentalità nuova e vivace in cui l’immagine femminile ha abbandonato i cliché rigorosi per respirare ”aria nuova” e la moda ne è stata testimone.
C’erano allora i figli dei fiori e il pensiero di libertà di Kerouak si esprimeva attraverso gli abiti abbelliti di stampe floreali, attraverso i jeans a zampa di elefante e nelle acconciature che imponevano capelli lunghi, lunghissimi lasciati andare oltre le spalle e fermati sulla fronte solo da un laccio sottile. Spopolavano in quegli anni le minigonne, provocazione che passeggiava lungo Kings Road e Piccadilly Circus a Londra.
E oggi, quaranta anni dopo Mary Quant, ancora una volta le gambe sono in primo piano e camminano sicure, ”coperte” da cortissime minigonne.
Si sono viste in ogni passerella. Dal singolare nome di ”Pippo” quelle firmate da Miss Sixty. La forma è ad ”A”, sono in cotone e viscosa e hanno inserti in metallo.
In pelle quelle di Guess con grande fibbia sul davanti.
Grande stagione di rilancio anche per i vestiti. Smanicati, svasati, con piccole aperture sulla schiena come quelli firmati da Marc Jacobs che fa viaggiare il cortissimo in panno nero o colorato di ispirazione pop art.
Trionfano i colori. Così accanto ai must della stagione – bianco e nero – ecco far capolino colori da evidenziatore: giallo acido, verde, fucsia. Il tweed, le stampe da ricordare come quelle di Pucci, esagerate, colorate.
Per coprirsi ritornano i montgomery, in cashmere quelli proposti dalla griffe americana Bill Blass, i cappottini in doppio petto di tweed come il ”New Abbey Coat” di Miss Sixty e le pelliccette in lapin rosa come firmate Sem Vaccaro.
Ai piedi naturalmente stivali. A metà coscia in morbida pelle quelli proposti da Fendi o bianchi al ginocchio con zip all’interno della gamba e lacci ad incrocio sull’esterno quelli di Marc Jacobs.
I tacchi sono alti ma ”comodi” per camminare spedite fino al prossimo appuntamento con gli anni ’60.