Ma presto forte si fa sentire il bisogno di territorio: punto allora sul Dakhiliah, regione interna a Sud-Ovest di Muscat, con particolari attrattive di natura, ma anche di cultura. Quella dellacqua ad esempio: la gestione di questelemento evidentemente è fondamentale in un Paese con l82% del territorio costituito da deserto di sabbia e di roccia, tanto da demandarla oltre a uno specifico Ministero delle Risorse idriche anche alla grande sensibilità di tutta la collettività.
Salza qui fino a più di 3000 metri la catena El Jabal El Akhadar, la montagna verde che dà il nome allottima minerale locale. Alle sue falde, a pochi km da Al Hambra cè Misfah, paesino tra rocce da fiaba che introduce allantichissima arte del falaj: canalizzazione dellacqua dalle sorgenti a villaggi anche molto distanti, grazie a pendenze costanti di pochi centrimetri per km. A Misfah prima di proseguire oltre, circondato da rigogliose colture a terrazza, il falaj si apre in una vasca di villaggio, distribuendosi poi al bisogno in canaletti secondari col semplice spostamento di pietre dostruzione.
L’acqua in tutto il paese è accarezzata, coccolata in abluzioni rituali, quella dei canali come quella dei moderni rubinetti.
Ma Dakhiliah significa anche castelli. Grande, anche se nato come palazzo, quello di Jibreen, pienamente restaurato come del resto tutti i forti importanti del Paese: finestre e porte in stile arabo, pozzo, balconata interna molto suggestiva, una terrazza merlata e unaltra più elevata con feritoie. Vari ambienti con alte volte e soffitti in legno, arredati con oggetti che vanno dalle cassepanche ai finimenti per cavalli, dal vasellame ai fucili e ai cannoni. Dopo aver notato dalla strada le antiche mura di difesa di Bahla in complesso circa una dozzina di chilometri mi concedo un altro castello: quello di Nizwa col cortile dotato di quattro grandi scalee che conducono agli spalti per una vista davvero eccezionale.
Se latmosfera oggi a Nizwa non è più quella ovviamente che vi si respirava fino alla metà degli anni 50 con strascichi anche oltre, quandera ancora compresa nellimamato di Oman (struttura politico-amministrativa retta da un capo religioso,imam, dipendente solo formalmente dal Sultano), mi sembra comunque più austera di quella sulla costa. Dei mercatini colpisce il grande sfoggio di pugnali e fucili e la deliziosa piazzetta del Craft souq. Il muezzin – dal minareto col tetto verde vicino alla moschea con la cupola blu – chiama cantilenando alla preghiera del tramonto, e in pochi attimi rimangono aperti solo i negozi gestiti da immigrati, professanti altre religioni rispetto a quella islamica specificatamente ibadita (dal nome del teologo Abdullah Bin Ibad Al Murri Al Tamimi, fine VII secolo) della maggior parte degli Omaniti. Passa unauto disinvoltamente guidata da una donna con la maschera mentre alcuni ragazzi escono bagnati dal falaj, rivestendosi poi vocianti sotto un padiglione.