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Donne Madri Hijas

Essere donna nella Spagna anni Trenta. Uno spaccato di vita femminile ispirato alla poesia di Garcia Lorca, a ritmo di flamenco sulle scene romane.

Flamenco El Mirabras

“Nascere donna è il peggiore castigo”, un urlo sottovoce sulla scenografia scarna e tutto il senso di una condizione storica, prima ancora che esistenziale, è presto svelato. A portare in scena l’introverso universo femminile della Spagna anni Trenta, ispirandosi ad uno dei suoi più acuti cantori, Garcia Lorca, è l’Atelier El Mirabras che non poteva promettere niente di meglio di una commistione feroce tra codice mitopoietico e flamenco, linguaggio principe della compagnia.

Tratto dall’opera teatrale di Garcia Lorca “La Casa di Bernarda Alba”, lo spettacolo “Hijas (figlie)” – in scena al Teatro Argot di Roma fino al 4 aprile – partecipa alla rassegna “Vetrina Scena Sensibile”, e si fa guardare e ascoltare con quel tanto di ipocondria che restituisce al dramma familiare voluto da Lorca lo giusto spessore esperenziale. Perché bisogna immaginarsela l’Andalusia cocente degli Anni Trenta che, dietro alla frivola baldanza delle ritmiche latine con le donne avviluppate in scenografici mantelli e ventagli da collezione, serba un oscurantismo morale che ha nella sottomissione della donna il suo apice.

Donne madri, infelici perché despote più per imposizione sociale che per scelta, e donne figlie, doppiamente infelici perché giovani, e succubi di percorsi prestabiliti in cui il tempo per sognare la vita è più corto di quello per viverla. Le cinque figlie di Bernarda sono pedine di un gioco con regole troppo serrate per poter far divertire, e con il finale che lascia intravedere il dramma sin dall’inizio: nascere donna è il peggiore castigo.

A sviscerare il delicato intrigo di passioni e sentimenti femminili, ci pensa la magistrale trama musicale incorporata nelle cinque splendide figure delle attrici ballerine che, a passo di flamenco, dicono ciò che non è più possibile dire a parole.

La scena, volutamente inesistente per essere riempita dalla coreografia, a tratti tuona. Sono passi di flamenco, eppure sembrano pugni nello stomaco e, a volte, carezze sul viso – come quando la figlia Angustia, interpretata da una Clara Berna in stato di grazia, si lascia andare al ricordo dell’innamorato e lo fa a passo di danza. Ma è una danza che provoca di continuo, che non lascia tregua, che tiene con il fiato sospeso, perchè si trascina ad ogni passo tutto il peso di un retaggio emotivo inespresso, un per nulla compassionevole contrappasso musicale alla società del tempo e ai suoi equilibri apparenti.

Con la regia di Francesca Santini e l’aiuto regia di Gianni Licata – già apprezzato a Roma per il suo El dolor de Frida Kahlo – Il doppio e lo specchio), lo spettacolo si pregia delle coreografie della stessa Clara Berna (fondatrice dell’Atelier El Mirabras) e di Libe Irazu. A rivivere sulla scena del Teatro Argot è, in ultimo, uno scorcio di Spagna fotografato con occhi di donne e attraverso i mezzi espressivi più fedeli alla terra madre: il flamenco su tutti e l’arte del poeta nazionale Garcia Lorca.

Informazioni
Associazione Culturale “El Mirabras”
Via Pirgus 21/d
00058 Santa Marinella – Roma
tel. 3337315676/3475555025
www.elmirabras.it
Teatro Argot
via Natale del Grande 27 – Roma
tel. 06/5898111
www.argot.it

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