Una delle immagini più potenti del nuovo film della saga di Millennium, intitolato Quello che non uccide, non è legata alla Lisbeth Salander interpretata da Claire Foy, ma alla sorella Camilla, l’antagonista interpretata da Sylvia Hoeks. Le bastano pochi secondi per infiammare il gelo svedese con i suoi capelli biondi e il vestito rosso che la stessa attrice definisce “un’armatura”. Ogni scena in cui lei è presente – e non sono tante – è come un quadro che rimane nella memoria dello spettatore.
Leggi la recensione di Millennium – Quello che non uccide
“Mi piacciono i personaggi incasinati” – rivela l’olandese Sylvia Hoeks, che abbiamo conosciuto ne La migliore offerta di Tornatore. E che lo scorso anno ha rubato la scena e quasi ucciso Ryan Gosling e Harrison Ford in Blade Runner 2049. Incontriamo Sylvia Hoeks a Roma, in occasione della première mondiale del film, già trasformata per il suo prossimo ruolo. Davanti a noi, Sylvia Hoeks ha i capelli rasati a zero. “Sto girando See, la prima serie originale di Apple. È ambientata seicento anni nel futuro, un’epoca che paradossalmente ricorda tanto il passato”.
Camilla ha poche scene ma allo stesso tempo rimane comunque nella mente dello spettatore.
Sì, non c’era tempo per spiegare tutti i suoi traumi, per me era molto importante che tutto fosse chiaro: ecco dunque la sorella di Lisbeth, in pochi attimi vediamo le sue cicatrici, la sua fragilità e il suo vestito rosso che la protegge come un’armatura.
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Lisbeth Salander è un’icona e un simbolo in tutto il mondo. Lo è stato anche per te?
Ho letto i libri quando ero più giovane: ero una ragazza che leggeva di questa figura femminile forte che evitava i soliti archetipi di donne forti. Lisbeth non è la bella, quella sexy, la mamma coraggiosa né la ragazza della porta accanto. Lisbeth può permettersi di essere un personaggio complesso. E nella sua complessità è un’eroina. Da ragazza leggi questa cosa e pensi: “anche io forse ho spazio per essere forte e complessa”.
Per Blade Runner avevi osservato Selena Gomez e Taylor Swift come modelli per il tuo personaggio. Questa volta cosa hai studiato?
Roba molto più triste. Ho studiato la vicenda di Natascha Kampusch, rimasta prigioniera in uno scantinato per otto anni. E in preda alla sindrome di Stoccolma verso il suo rapitore. Ho letto storie orribili come la sua, ma avevo bisogno di fare queste ricerche per capire da dove veniva Camilla. Comprendere il dolore è l’unico modo per mostrare il personaggio al pubblico. In altre parole funziona così: puoi fare tutti i test di make-up e indossare tutti i costumi di scena disponibili, ma se non hai capito il personaggio allora non funzionerà davanti la macchina da presa.
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Questa è la seconda cattiva che interpreti di seguito in un blockbuster. Hai già avuto un assaggio della macchina hollywoodiana? Immagino che dopo Blade Runner gli studios ti abbiano offerto tanti ruoli da dark lady.
Senza dubbio, è così. Però se i cattivi sono personaggi interessanti, allora è una cosa che mi stimola moto. Nella mia carriera ho interpretato tante brave persone, ma quei ruoli erano in film girati in olandese e non destinati al grande pubblico. Adesso sto vivendo quest’altro momento e sono in esplorazione. Ma non cambio il mio approccio a questi ruoli: quando interpreto una buona, mi interessa trovare l’oscurità del personaggio, perché è una componente che ci guida come esseri umani. Non vogliamo guardare in faccia il nostro lato oscuro e finiamo in angoli da cui vogliamo uscire. E se invece faccio una cattiva, allora mi piace trovare alcuni spiragli di luce: Camilla, per esempio, nasconde un dolore dietro la sua maschera. E in effetti sì, mi piace interpretare personaggi disturbati, donne veramente incasinate.
Da dove viene questa passione?
Forse da uno dei miei personaggi cinematografici preferiti: quello di Isabelle Huppert ne La pianista di Haneke.
Ecco, lei sì che era incasinata…
Lei? L’icona assoluta dei personaggi incasinati.
Millennium – Quello che non uccide è attualmente nei cinema distribuito da Warner Bros. Italia.